considerazioni sui mondi virtuali

martedì 4 dicembre 2007

Sogno e virtuale nell'estetica di Diodato

L’interazione con gli oggetti e i residenti di un mondo sintetico avviene attraverso una nostra trasfigurazione digitale chiamata “avatar”. Si tratta di una relazione a due posti: il soggetto e la sua controparte digitale che sperimentano un ambiente immersivo. Roberto Diodato nel libro Estetica del virtuale azzarda un affascinante paragone. Scrive “forse, a questo livello, l'ambiente percettivamente più simile a quello virtuale almeno per quanto concerne il complesso e immediato sentimento di presenza, è quello del sogno”1.


Cosa hanno in comune l’esperienza dei mondi virtuali e quella onirica? Innanzitutto la sensazione di presenza. Continua Diodato “[…] il sogno è un ambiente nel quale partecipiamo in modo immersivo; rispetto al quale non siamo spettatori bensì attori; un ambiente in cui non stiamo osservando o generando eventi in qualità di storie, in cui non abbiamo l’impressione della duplicità dello sguardo come se assistessimo ad uno spettacolo”2.


Nel sogno ci muoviamo in un ambiente dove avviene un’interazione tra l’avatar del soggetto e un mondo generato dalla memoria che, appartiene sì al soggetto, ma nello stesso tempo lo supera, lo sussume. La memoria “non è una componente della mente […] è invece una proprietà globale della nostra mente”3.


Arrivo dunque alla seconda affinità tra virtuale e onirico: in entrambi i casi ci troviamo immersi in un ambiente che sfugge al controllo della nostra volizione.


Esiste però una rilevante diversità tra i due tipi di esperienza: il sogno è interazione tra un soggetto, una rappresentazione di sé e un mondo generato dalla sua memoria. Una realtà virtuale comporta invece la relazione con un calcolatore elettronico.


Diodato conclude la sua riflessione segnalando la necessità di una teoria dell’artificiale riallacciandosi a Gilbert Simondon il quale auspica il couplage interindividuel tra uomo e macchina. Tale couplage

comincia ad esistere a partire dal momento in cui un codice comune alle due memorie può essere scoperto, al fine che si possa realizzare una convertibilità parziale dell’una e dell’altra perché una sinergia sia possibile”4.






1 Roberto Diodato, Estetica del virtuale, Mondadori, 2005, Milano, p.53

2 Ibid., p. 58

3 A. M. Glemberg, cfr. What memory is for, in Behavioral and Brain Sciences, 1997, p.20

4 G. Simondon, Du mode d’existence des object techniques, Aubier Montaigne, 1969, Parigi, p.124

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un sogno è virtuale?