considerazioni sui mondi virtuali

mercoledì 31 ottobre 2007

Una massoneria digitale?

Nel mondo reale – sul pianeta Terra, nella Realtà – abitano tra i sei e i dieci miliardi di persone. In qualsiasi momento le si osservi, si vedrà che la maggior parte di loro è intenta a costruire mattoni di argilla e lubrificare i proprio AK-47. Circa un miliardo di persone ha abbastanza soldi per comprarsi un computer – costoro ne hanno di più di tutti gli altri messi insieme. Di questo miliardo di potenziali possessori di computer, forse solo un quarto se lo compra veramente, e solo un quarto di questi ultimi ha macchine abbastanza potenti da gestire il protocollo della Strada. Se a queste ne aggiungiamo altri sessanta milioni che non se lo potrebbero permettere, ma ci vanno lo stesso, usando computer pubblici o quelli della propria scuola o del proprio ufficio, si può concludere che, mediamente la Strada è occupata da un numero di persone pari al doppio della popolazione di New York. Ecco perché quello schifo di posto è cosi pieno di costruzioni. Se ci metti un cartello o un edificio, sai che sarà quotidianamente visto dalla gente più ricca, più alla moda e meglio inserita del mondo.

Neil Stephenson, Snow Crash, Milano, Bompiani, 2007



Così scriveva Neil Stephenson in Snow Crash, libro dal quale la Linden Labs ha preso spunto per creare il metaverso di Second Life. Mi soffermo sulle ultime parole della citazione: “che sarà quotidianamente visto dalla gente più ricca, più alla moda e meglio inserita del mondo.

Due sono i punti da approfondire:

1- Second Life è per pochi? Sì. Due sono i motivi di questa sua natura elitaria. Il primo: le richieste hardware. Il motore grafico del gioco richiede un processore di buona potenza e una scheda grafica della penultima generazione(molto approssimativamente diciamo che con le schede grafica di fascia bassa di due/tre anni fa non è possibile entrare nel metaverso). La Linden Labs è piuttosto ottimista a riguardo e indica i seguenti requisiti di sistema: http://secondlife.com/corporate/sysreqs.php. Ovviamente diffido. Per esperienza personale, su un pc con processore AMD 2000XP e scheda grafica ATI RADEON 9550 il motore grafico tentennava e la scattosità diveniva una scomoda compagna di viaggio. Con un processore Intel Dual Core e un scheda ATI X1950PRO invece non ci sono rallentamenti. A questi requisiti dobbiamo aggiungere quelli di banda. È espressamente richiesta una linea DSL o una connessione con fibre ottiche.

Il secondo: l’installazione e l’interfaccia. La Linden Labs ha cercato di semplificare al massimo l’operazione di creazione di un account e di download del programma. Il problema si pone al momento del primo utilizzo. Occorre una certa “destrezza informatica” per imparare a muovere i primi passi nel metaverso. Bisogna prendere familiarità con l’interfaccia e soprattutto con il sistema di controllo della camera. Per molti questo è uno scoglio insormontabile.

2- Chi è l’utente medio di Second Life? Un o una trentenne, americano/a, laureato/a, con una buona cultura. Questo secondo le statistiche presentate dalla Linden Labs (a questo url potrete consultare uno schema riassuntivo LINK). Dunque un rappresentante di un segmento di persone che hanno probabilmente una capacità economica e decisionale particolarmente appetibile.


Neil Stephenson si è dimostrato profetico? In parte. Second Life non rappresenta ancora il punto di incontro del gotha dell’imprenditoria e della cultura. Probabilmente non lo sarà mai: il problema del digital divide esclude una larga fetta di popolazione. E tra quelli che hanno la possibilità tecnica di accedere ad un mondo sintetico solo una piccola parte è realmente interessata. Devo però ammettere che un cospicuo numero di tecnici informatici, imprenditori affascinati dalle nuove tecnologie, studenti universitari e artisti emergenti ha scelto Second Life come territorio di sperimentazione delle proprie capacità. Questo ha portato alla creazione di un micromondo dove il senso di appartenenza è radicato e dove tutte le persone di successo finiscono prima o poi per incontrarsi.

Che sia nata una nuova massoneria digitale? La domanda è azzardata. Mio compito futuro sarà cercare di dare una risposta.

lunedì 29 ottobre 2007

Fantasmagoria per 250 linden

Ieri, in una sonnolente domenica pomeriggio, mi sono ritrovato a girovagare per le sim di Second Life. Passeggiando su una spiaggia tropicale, tra bagnanti impegnati nel camping e altri avatar svolazzanti, vengo attirato da una serie di pannelli pubblicitari che reclamizzano un outlet di alta moda. Clicco su uno dei pannelli e ricevo una calling card contenente uno slurl, un indirizzo al quale teletrasportarsi. Vinto dalla curiosità e nel tentativo di contrastare lo spleen di una opaca giornata autunnale, decido di optare per una sessione di shopping virtuale.


Vengo catapultato in un luccicante centro commerciale fin troppo ricalcato su quelli del mondo reale(i progettisti sembrano aver scordato che gli avatar hanno esigenze e capacità motorie diverse dalle nostre). Tra skin, acconciature, vestiti per donne alquanto discinte e improponibili stivali dai tacchi assassini vengo colpito dalla vetrina di un modesto negozio di completi eleganti per uomo.


Osservo con cura i vari modelli, ragiono attorno ai possibili accostamenti di colore e trama tra giacca e cravatta e infine acquisto un completo grigio fumo di Londra per la modica cifra di 250 linden dollars. Più o meno un dollaro nella vita reale. Più o meno lo stipendio pagato ad un operaio della provincia cinese per dodici ore di lavoro in fabbrica.

Ne nasce una questione. Un dollaro per un abito composto da qualche texture indossato da un avatar che altro non è che qualche migliaio di righe di codice da qualche parte su un server: c’è da domandarsi il perché di questa smania di acquistare “non-cose”, ricercare i motivi di questa febbre da prodotti evanescenti, immateriali.


Stanislav Lem, scrittore polacco di fantascienza e saggi filosofici, ha elaborato una teoria sulla questione, che ha chiamato “fantasmologia”. Scopo della teoria è indagare sul perché la nostra società è diventata una produttrice di fantasmagorie in serie, costruendo così un mondo dove “per principio e senza eccezione vale la regola che nessuno possa sentirsi sicuro di aver a che fare con la realtà naturale1


Purtroppo Lem è deceduto l'anno scorso. Avrei tanto desiderato chiedergli cosa ne pensasse del mio mio completo elegante da 250 linden dollars.




[1]

Stanislav Lem, Phantastik und Futurologie, 2 voll., Insel, Frankfurt am Main, 1977-1980, p.184


domenica 28 ottobre 2007

Avatar - origini del vocabolo

Avvicinandosi alla Strada, Hiro vede due giovani coppie, che probabilmente stanno usando il computer dei loro genitori per un doppio appuntamento nel Metaverso, scendere alla fermata di Porto Zero – luogo d’accesso della zona e capolinea della Monorotaia.

Naturalmente, non sta vedendo persone reali. È solo una parte dell’immagine disegnata dal suo computer, in base ai dati provenienti dal cavo in fibre ottiche. Le persone sono dei software, detti avatar. Si tratta di corpi audiovisivi che la gente usa per interagire nel Metaverso. Ora, anche l’avatar di Hiro si trova sulla Strada e se le due coppie che stanno scendendo dalla monorotaia, guardassero nella sua direzione lo vedrebbero proprio come lui vede loro. Potrebbero avviare una conversazione: Hiro dal D-Posit di Los Angeles e i quattro adolescenti, probabilmente, da un divano di un quartiere residenziale di Chicago, ognuno con il suo pc portatile. Ma è probabile che non si parleranno, proprio come succederebbe nella Realtà. Sono bravi ragazzi, questi, e si rifiutano di parlare con un meticcio solitario dall’avatar custom troppo sofisticato che maneggia un paio di spade.


Neil Stephenson, Snow Crash, Milano, Bompiani, 2007


Avatar: termine della lingua sanscrita che nella religione induista si usa per indicare l’incarnazione di una divinità in un corpo fisico. Trasposto nel mondo dell’informatica ha acquisito il nuovo significato di immagine o modello in 3d scelto da un utente per rappresentare se stesso in una community, videogame e MMOG.

La rappresentazione di un giocatore attraverso una pedina ha radici nell’antichità. Si pensi al Gioco reale di Ur praticato dai Sumeri attorno al 2500 a.C., oppure agli scacchi la cui origine risale al Chaturanga hindu. Questo gioco si presenta come una simulazione dei sistemi di potere dell’epoca: su una scacchiera di 64 caselle due giocatori si sfidano nel tentativo di catturare il re avversario. Siamo di fronte ad un antesignano, seppur infinitamente più semplice, dei mondi virtuali attuali.

venerdì 26 ottobre 2007

Second Life è un gioco?

Second Life è un gioco?

No, o meglio lo è ma è anche e soprattutto “altro”.
Un gioco presuppone uno o più obiettivi da raggiungere e una finalità ludica. Prendiamo il caso di World of Warcraft, forse il MMOG più famoso al mondo. La permanenza in questo mondo virtuale è finalizzata allo sviluppo del personaggio. Gli ideatori hanno previsto introdotto una serie di missioni da completare, territori da esplorare, nemici da combattere.


In Second Life si entra senza uno scopo preciso: ci si può abbandonare al piacere dell’esplorazione, si può chattare, intrattenere con le simulazioni di gioco, si possono organizzare conferenze e team di lavoro, si può creare oggetti o fare business.
Forse Second Life è il MMOG dove l’avatar può esercitare meglio il suo libero arbitro. Ciò può disorientare colui che viene chiamato “newbie”, cioè l’utente alle prime armi al quale verrà spontaneo chiedersi e ora cosa faccio su Second Life?


Superata l’impasse iniziale Second Life si rivela uno straordinario strumento di interazione sociale e una buona piattaforma per l’arte e per il business.
Questo mondo sintetico lancia dunque una sfida. Per annoverarsi tra i suoi cittadini occorre spirito di iniziativa e volontà di mettersi in gioco.

giovedì 25 ottobre 2007

Resoconto conferenza di Mario Gerosa

Ieri all’UnAcademy (slurl) si è tenuta una conferenza intitolata “Il grado zero dell'arte nei mondi virtuali e nei social network” presenziata da Mario Gerosa, redattore capo di AD (Architectural Digest Italy) e autore di uno dei primi libri italiani su Secondlife.

Riassumo brevemente gli argomenti trattati.

Gerosa si augura che presto possa nascere una stilistica dei mondi virtuali. L’arte del mondo reale e l’arte dei mondi virtuali devono procedere parallelamente in un circolo virtuoso di osmosi continua: solo così gli artisti della realtà virtuale potranno affrancarsi dal loro ruolo di subalterni del panorama artistico.

Da dove cominciare la costruzione di questa stilistica?

Certamente dagli studi sull’architettura, dalla citazione dell’arte istituzionale nei mondi virtuali, dalle affinità con la cultura del fumetto e del videogame. Occorre partire dagli strumenti di indagine artistica che ci fornisce la storia dell’arte ponendosi l’ambizioso obiettivo di giungere un giorno alla definizione di nuovi parametri estetici per l’universo dei mondi virtuali.

Siamo dunque fermi al grado zero dell’arte nella terra della virtualità: i mondi virtuali non sono ancora sfruttati come piattaforma creativa.


Si prenda l’esempio di Second Life: il business domina, grandi aziende aprono sfarzose sedi che diventano ben presto cattedrali nel deserto. Il mercato dell’arte in Second Life è ancora visto con sufficienza dai media e dai critici e gli artisti stentano ad emergere.

Gerosa auspica vivamente un futuro nel quale Second Life sarà soprattutto una piattaforma creativa, forse addirittura la Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale teorizzata da Wagner nel tardo ‘800.

mercoledì 24 ottobre 2007

Cyberspazio: un’allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici…Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città, che si allontanano…


William Gibson, Neuromante, Editrice Nord, Milano,1986, p. 52

martedì 23 ottobre 2007

I'll be your mirror

Apro il post con una considerazione di Tomás Maldonado (professore ordinario di Progettazione Ambientale al Politecnico di Milano): “Vi è più di un motivo per ritenere che una cultura senza alcun tipo di esperienza con le immagini non esista”.1


L'uomo fin dalla preistoria ha conosciuto la proprietà di alcuni materiali e elementi (ad esempio l'acqua) di riflettere e dunque raddoppiare illusoriamente la realtà. Umberto Eco ci definisce animali catottrici, ovvero animali che hanno avuto l'esperienza dello specchio. Lo specchio può essere considerato il punto di partenza del lungo cammino che ha portato l'uomo a perfezionare le sue tecniche di riproduzione della realtà.

J.J. Gibson (uno dei più importanti studiosi di psicologia del '900) ritiene che le immagini riflesse non appartengono alla categoria dei surrogati della realtà – immagini artificialmente prodotte – in cui l'oggetto rappresentato non è presente al momento della percezione della sua immagine.


Concedetemi ora un paragone ardito. Mi riallaccio alla tesi di Gibson e mi chiedo: può un mondo virtuale come Second Life essere considerato come riflessione della nostra società occidentale attraverso le lenti speculari e distorcenti della tecnologia? La proliferazione dei mondi virtuali può essere vista come un gioco di specchi della società?


Consideriamo la situazione di un uomo impegnato in una sessione di navigazione nel mondo di Second Life. Egli è contemporaneamente presente nella realtà fisica e nella realtà simulata, posto di fronte ad uno schermo dove è in atto una rappresentazione – non del tutto fedele ma comunque verosimile - della società nella quale vive.

Stiamo perciò trattando una rappresentazione della realtà non ascrivibile alla categoria dei surrogati ipotizzata da J.J. Gibson: l'oggetto rappresentato e l'oggetto della rappresentazione sono contemporaneamente percettibili all'osservatore.


Società e società riflessa, uomo e avatar: è giunto forse il tempo di riscrivere il mito di Narciso?



1Tomás Maldonado, Reale e Virtuale, Feltrinelli, Milano 1993, p. 40

lunedì 22 ottobre 2007

Un esperimento di darwinismo sociale?

William Gibson ci descrive così un quartiere della Tokyo futuristica del suo romanzo Neuromante:


Night City era come un esperimento dissennato di darwinismo sociale, concepito da un ricercatore annoiato che tenesse un pollice in permanenza sul pulsante dell’avanti-veloce


Questa definizione potrebbe essere adatta a descrivere il metaverso di Second Life? Un mondo dove i rapporti sociali sono accelerati, le distanze si annullano con il teletrasporto, la maggior parte degli abitanti cerca di scalare la gerarchia sociale nel modo più rapido possibile e il territorio è organizzato con un sistema che ricorda quello feudale (tante isole-feudi ognuna con il proprio owner-feudatario)?

sabato 20 ottobre 2007

Intervista a Vytek Scheflo, programmatore

Pubblico l’intervista al programmatore che sta lavorando ad un avatar comandato da un intelligenza artificiale

Manigault Pessoa: Per prima cosa: presentati....e presenta brevemente il tuo progetto..
Vytek Scheflo: Salve sono Vytek Scheflo e per pura passione (sono studente di ingegneria e lavoro come programmatore) sto realizzando un avatar guidato da un programma di IA con la possibilità di interfacciarsi a vari sistemi...Siamo ancora ad uno stadio alfa ma ho intenzione di rilasciare i sorgenti sotto la licenza GPl...ovvero come progetto open source...


Manigault Pessoa: Una domanda tecnica: hai lavorato con il codice del client di SL?
Vytek Scheflo: No...utilizzo la libsecondlife per intefacciarmi a sl....il bellissimo progetto www.libsecondlife.org


Manigault Pessoa: Come si chiama l'avatar che hai creato?
Vytek Scheflo: Katina Bade


Manigault Pessoa: Lo posso trovare nel people search di SL?
Vytek Scheflo: Certamente, è un normale avatar di sl....solo il livello di backend è diverso....dietro infatti ha un programma di BOT (Robot) che guida l'avatar


Manigault Pessoa: quindi presumo che inviando un IM a Katina lei cercherà di rispondermi con delle frasi presenti nel suo database...giusto?
Vytek Scheflo: Sì, fa una cosa anche più sofisticata ...usa infatti AIML..un ottimo motore chatbot programmabile...ma spero presto di poterlo collegare ad un motore ontologico come Opencyc rendendolo sempre più "intelligente" :-)


Manigault Pessoa: Sei riuscito ad ingannare qualche residente di SL facendogli credere che dietro Katina ci fosse una donna in carne e ossa?
Vytek Scheflo: Pochissimi avatar ..soprattutto perchè tutto il sistema di domande e risposte è stato messo su in fretta ed in furia..credo che lo riscriverò completamente...diciamo che dopo poche domande già si intuisce che è un programma...ma ci sto lavorando…


Manigault Pessoa: Katina ha altre funzioni oltre alla capacità di interagire verbalmente?
Vytek Scheflo: Sì, molte.....ad esempio può camminare su percorsi programmati...ricevere e dare notecard, collegarsi ad altri network di IM anche se questa opzione la sto attentamente valutando visto che legalmente non so bene se si possa fare..tecnicamente è molto semplice e Katina potrebbe diventare un ponte verso IRC, AIM, Jabber, Icq....etc…Non ultimo l'ho collegata ad libreria creata dalla mia fidanzata che calcola tramite l'algoritmo di Gauss la data della prossima pasqua...:-)


Manigault Pessoa: ritieni che in futuro gli avatar come Katina potrebbero diventare ospiti fissi di SL? fondamentalmente SL è un mondo piuttosto "vuoto"...solo 50000 residenti collegati simultaneamente in una regione che misura diversi migliaia di km quadrati di superficie....gli avatar comandati da AI potrebbero fare da "tappabuchi"?
Vytek Scheflo: Lo auspico vivamente....ho realizzato Katina ispirato dal libro cult Snow Crash in cui The Librarian era un agente AI in grado di aiutare il protagonista nelle sue indagini....Katina potrebbe essere una guida, un'interfaccia verso altri servizi, un consigliere, ma anche un ottimo mezzo di divulgazione scientifica .... o semplicemente una segretaria personale tutto fare....


Manigault Pessoa: Ora vado un po' off topic e esco dai paletti dell'intervista...ti domando...conosci i romanzi di William Gibson?
Vytek Scheflo: Certo....ho letto Neuromante...ma preferisco Neal Stephenson...


Manigault Pessoa: Ecco...sai che uno dei temi è la possibilità che un AI arrivi a prendere coscienza autonomamente... stiamo parlando di fantascienza, ma ti domando...tu credi in questa possibilità? È solo una questione di tempo e potenza di calcolo oppure ti sembra impossibile che del codice possa essere tanto sofisticato da raggiungere l'autocoscienza?
Vytek Scheflo: stai parlando della Singolarità Tecnologica...argomento che mi appassiona molto...


Manigault Pessoa: Sì, mi rifaccio ad alcune idee degli anni '80 sulla possibilità di generazione spontanea dell'intelligenza...
Vytek Scheflo: Tutto fa pensare, secondo gli studi, che la Singolarità è prossima...si parla del 2030...personalmente sono un pochino scettico....non credo all'ipotesi della IA forte...ma della IA debole...abbiamo ottimi sistemi e tecnologie per specifiche soluzioni....ma un’entità cosciente in generale....ammetto però che non sono certo molto ferrato in materia...certo mi piacerebbe molto ed ho letto di eminenti studiosi che hanno avanzato ipotesi plausibili...credo che ci vorrà molto più tempo non credo sia solo una questione di potenza di calcolo...

venerdì 19 ottobre 2007

Mario Gerosa, Second Life

Mario Gerosa, Second Life, Roma, Meltemi Editore, 2007


Cap 1: SL come cyberconvento. Intervista ad esperta di formazione su SL.
Cap 2: SL è un gioco? Intervista con psicologo e psicanalista che opera su SL.
Cap 3: Economia. Intervista ad imprenditori operanti in SL.
Cap 4: Società: il divario ricchi/poveri in SL.
Cap 5: Intervista con Aimee Weber, importante residente di SL.
Cap 6: Sesso virtuale. Intervista con giornalista.
Cap 7: Arte su SL: dalla creazione dell’avatar, ai musei, alla fotografia.
Cap 8: Gli Electric Sheep, gruppo di consulenza in SL.
Cap 9: Moda in SL.
Cap 10: I media: la stampa in SL.
Cap 11: Crimini nei mondi virtuali.
Cap12: Archittettura in SL.

giovedì 18 ottobre 2007

Connessionismo e intelligenza artificiale

Laney è un’analista quantitativo. Il suo lavoro consiste nel collegarsi al cyberspazio e cercare nel flusso di informazioni dei “punti nodali”, degli agglomerati di dati nei quali è possibile comprendere e prevedere l’andamento di un determinato fenomeno, che sia il comportamento di un personaggio famoso o il piano di marketing di una multinazionale. “È come vedere le cose tra le nuvole, ma le cose ci sono” ci dice lo stesso Laney.


Chia è la caposezione di un fanclub di un duo rock, i Lo/Rez e viene mandata a Tokyo per raccogliere informazioni su una notizia annunciata da Rez, voce del gruppo, il quale afferma di avere l’intenzione di sposare un aidoru, un idolo virtuale, un agente software.

Anche Laney è a Tokyo, per indagare sulla stessa cosa.


Non svelo altro della trama di Aidoru romanzo cyberpunk del maestro del genere, William Gibson, pubblicato in Italia nel 1997 da Mondadori. Non vorrei fare il guasta-lettura.


Vorrei invece soffermarmi sulla figura dell’aidoru che Gibson definisce un’Antartide di dati, una simulazione affascinante tanto da convincere una rockstar del mondo reale ad unirsi con lei in un matrimonio. Rei Toei, questo il suo nome, è un agente software in costante evoluzione che grazie all’unione con Rez potrà raggiungere una nuova prospettiva d’esistenza, una nuova consapevolezza del proprio essere.


Quello del software che prende coscienza di sé non è solo un topos della fantascienza ma anche un teoria scientifica – o forse sarebbe meglio dire pseudoscientifica -.

Facciamo un passo indietro: anni ’80, USA. Un nutrito gruppo di ricercatori lavora allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tra questi Hans Moravec ricercatore all’istituto di robotica della Carnegie Mellon University. Moravec è da sempre ottimista sulle possibilità di sviluppare un’intelligenza artificiale credibile (è convinto che entro il 2030 costruiremo computer con la capacità di elaborazione del cervello umano e dal prezzo accessibile a tutti). In quegli anni portò avanti l’idea della “generazione spontanea” del pensiero in una macchina complessa regolata da un semplice insieme di regole.

La teoria dell’intelligenza emergente entrò a far parte del movimento del Connessionismo, un modello delle scienze cognitive ideato da Rumelhart & McClelland e il PDP Research Group nel 1986 che cerca di studiare il funzionamento della mente umana paragonandolo ad un sistema di reti neurali non dissimile da quello di una rete informatica.


Gli studi del movimento connessionista hanno generato una serie di idee subito colte dagli scrittori e sceneggiatori di fantascienza. Il mito dell’intelligenza emergente è centrale nel romanzo capostipite del cyberpunk, Neuromante di William Gibson, nel quale due complessi software presenti nella rete decidono di fondersi per creare un’entità superiore. Anche nella saga cinematografica Terminator si narra della presa di coscienza di Skynet, una rete di calcolatori progettata per la difesa militare. In Ghost in the Shell (manga creato da Masamune Shirow dal quale è stato tratto un anime) uno dei protagonisti è un cybercriminale ricercato dalla polizia che si rivela poi essere un’intelligenza artificiale.


Poteva il mondo di Second Life essere impermeabile al mito dell’agente software? No di certo. In questi ultimi mesi molti sforzi sono stati profusi nel tentativo di creare avatar capaci di muoversi autonomamente nel metaverso e interagire in modo credibile con gli utenti umani. Ho contattato un programmatore che sta lavorando ad un progetto di questo genere e nel caso sia disponibile a concedere una piccola intervista la pubblicherò al più presto sul blog.

mercoledì 17 ottobre 2007

Benjamin Woolley, Mondi Virtuali

Ho deciso di postare una breve scheda bibliografica per i libri più interessanti sull’argomento mondi virtuali. Spero possa essere utile a tutti i tesisti e semplici interessati. Inizio con questo libro del giornalista inglese Benjamin Woolley.


Benjamin Woolley, Mondi Virtuali, Torino, Bollati Boringhieri, 1993

Contenuti

Introduzione: riflessione attorno ai termini “realtà artificiale” e “realtà virtuale”.
Cap 1: Breve storia della realtà virtuale: dalle origini alla metà degli anni ’90.
Cap 2: Da dove viene il concetto di realtà virtuale?
Cap 3: Alan Turino e la sua macchina.
Cap 4: John Von Neumann e l’idea del costruttore universale. I frattali di Mandelbrot.
Cap 5: Intelligenza artificiale. Commutabilità del linguaggio. Connessionismo.
Cap 6: Il concetto di “cyberspazio”.
Cap 7: Spazi mnemonici: la gestione spaziale dei dati.
Cap 8: Considerazioni sui primi giochi di ruolo multiutente.
Cap 9: Il postmoderno, definizione.
Cap 10: Iperrealtà: la rappresentazione del mondo da parte dei media.
Cap 11: Realtà: una possibile definizione.
Cap 12: Prospettive future e conclusioni.

martedì 16 ottobre 2007

Ancora sul delitto perfetto

Si continua col ragionare sul libro di Jean Baudrillard Il delitto perfetto, Raffaello Cortina Editore, 1996, Milano, p. 113


Secondo Baudrillard, il delitto perfetto è da sempre compiuto, dai primi secondi di vita del nostro universo. Il nostro destino di uomini è perpetrare il delitto, dare continuità all’illusione della realtà.

L’assenza delle cose da se stesse, il fatto che esse non abbiano luogo pur dando l’impressione di accadere, il fatto che ogni cosa si ritiri dietro la propria apparenza e non sia dunque mai identica a se stessa, in ciò consiste l’illusione materiale del mondo[1]

Questa illusione porta alla proliferazione dei simulacri, specchi della realtà che arrivano a coincidere con essa, costituendone la realtà virtuale.

Esistono due possibilità: che il mondo si derealizzi fino a soccombere per la scarsità di realtà oppure che si iperrealizzi fino a divenire una simulazione totale.

Io credo che il fenomeno Secondlife sia ascrivibile a questa seconda linea di tendenza.



[1] Jean Baudrillard, Il delitto perfetto, Ed. Cortina, Milano, 1996, p. 6

lunedì 15 ottobre 2007

Una nuova forma d'arte?

Nelle prime scene di eXistenZ, film del regista David Cronenberg uscito nel 1999, assistiamo alla prima dimostrazione pubblica di un nuovo videogame immersivo che promette un livello di realismo e un coinvolgimento mai sperimentati in precedenza. La game designer viene presentata dallo speaker come “la più grande artista” nella progettazione di game virtuali.


Sono doverose alcune considerazioni. I videogame esistono da circa 30 anni: la grafica, l’interattività, la complessità dei giochi elettronici sono migliorate con una progressione geometrica ma ritengo che siamo ancora agli albori dell’era dell’intrattenimento digitale. I mondi virtuali sono infanti che si sforzano di muovere i primi passi.


Detto questo arrivo al punto centrale di questo post. Pensando alla game designer del film di Cronenberg mi chiedo: potranno mai i grandi creativi dei mondi virtuali essere considerati un giorno “artisti”? I mondi virtuali diventeranno un veicolo di espressione artistica o addirittura saranno essi stessi una forma d’arte?

domenica 14 ottobre 2007

Aidoru

Laney guardò la faccia modificata di Hillman sul suo schermo. – Non mi hai detto cosa devo cercare. - Qualsiasi cosa possa interessare Slitscan. Il che significa, Laney, qualsiasi cosa possa interessare l’audience di Slitscan. Che può essere vista come un unico organismo malvagio, pigro, profondamente ignorante, sempre affamato, bramoso della calda carne divina degli Unti del Signore. Personalmente, mi piace immaginare che sia una creatura delle dimensioni di un cucciolo di ippopotamo, del colore di una patata vecchia di una settimana, che vive da sola, nel buio, in un autocaravan alla periferia di Topeka. Un essere coperto di occhi, che suda in continuazione, con rivoli di sudore ch’egli colano negli occhi fino a farglieli bruciare. Senza bocca, Laney, né gentali, capace di esprimere i muti parossismi della furia assassina e del desideri infantile con un semplice cambio di canale su un telecomando universale. O votando alle elezioni presidenziali.

William Gibson, Aiduru , Mondadori, Milano, 1997, p. 34

sabato 13 ottobre 2007

Morte dell'alterità

Si continua con le considerazioni sul libro di Jean Baudrillard Il delitto perfetto, Raffaello Cortina Editore, 1996, Milano


Jean Baudrillard non nega le potenzialità dei mondi virtuali ma è molto critico a riguardo. La realtà virtuale non è il regno dell’illusione ma quello dell’eterno presente, della iperrealtà simulata. Per Baudrillard l’illusione è assenza: nei mondi virtuali invece tutto coesiste, tutto è positivo, tutto è deciso a tavolino. Siamo dunque di fronte alla morte dell’alterità: l’utente di un mondo virtuale si muove in un ambiente dove ogni elemento è stato pensato e creato per lui. Tutto è prefabbricato, tutto è prevedibile, non esiste un destino.


Ci domandiamo: queste considerazioni valgono anche per Secondlife? Solo in parte. La Linden Labs (società informatica che ha creato e gestisce Secondlife) permette agli utenti di aggiungere contenuti al mondo virtuale creandoli con un apposito editor integrato, nei limiti imposti dal software di gestione del metaverso e nel rispetto delle leggi. Secondlife è un mondo in perenne costruzione: i motori del suo sviluppo sono la volontà creatrice dei suoi abitanti e la loro intraprendenza.

Questo sistema in continua evoluzione è garanzia di novità e diversità. Possiamo dunque smettere di piangere la dipartita della nostra amata alterità: in buona salute passeggia tranquilla tra le isole virtuali di Secondlife.

giovedì 11 ottobre 2007

Iperrealtà

Un avatar siede di fronte ad una slot machine, nella sala luccicante di un casinò. Gioca a Tringo, una fusione tra Bingo e Tetris nata e diffusasi nel metaverso di SecondLife. Gioca da ore spinto dall’irrefrenabile desiderio di stabilire il punteggio massimo della giornata. Spende centinaia di Linden Dollars, la moneta virtuale di questo mondo. Che non è poi così virtuale: in qualunque momento si possono convertire in dollari veri[1].

Provate ad immaginare la situazione: un uomo siede nel suo ufficio o nella sua camera davanti allo schermo di un pc nel quale viene mostrato il suo avatar che gioca davanti allo schermo di una slot Tringo. Si tratta di un'alienazione al quadrato, e intendiamo alienazione nell'accezione marxista (cioè quel processo che estranea un essere umano da ciò che fa fino al punto da estraniarsi da sé). Formuliamo due ipotesi: questa alienazione la possiamo considerare allontanamento dal reale oppure al contrario è l'alta fedeltà, la plausibilità della realtà simulata che permette all'utente di raggiungere frenesia e desiderio di successo, i catalizzatori del gioco d'azzardo, tali da consentire l'immedesimazione totale?

Il giornalista e filosofo francese Jean Baudrillard propenderebbe certamente per la seconda ipotesi.

Anzi, risponderebbe che il punto cruciale non è il dramma dell'alienazione ma l'”estasi della comunicazione”. Nel suo libro Il Delitto Perfetto parla di “iperrealtà” delle simulazioni di mondi virtuali e in generale dei mass media. Nella società moderna l'immagine coincide con il reale. Il simulacro non solo maschera la scomparsa della realtà ma diviene realtà lui stesso. Le cose scompaiono sostituite dalle loro simulazioni, uccise dalle loro controparti simulate.

Torniamo dunque al nostro incallito giocatore. La sua alienazione procurata da una slot machine virtuale non deve essere vista come una “crisi” della realtà, non deve essere intesa come una fuga dal mondo reale. È prodotto invece di un eccesso di realtà, una iperrealtà, che noi chiamiamo mondo virtuale e nel caso specifico Secondlife.



[1] Attualmente 1$ vale circa 270 L$ fonte http://secondlife.com/whatis/economy-market.php

mercoledì 10 ottobre 2007

Il delitto perfetto

Col virtuale entriamo non solo nell’era della liquidazione del Reale e del Referenziale, ma in quella dello sterminio dell’Altro. È l’equivalente di una pulizia etnica che non riguarderebbe solo singole popolazioni, ma si accanirebbe su tutte le forme di alterità.

Quella della morte, che si scongiura con l’accanimento terapeutico.
Quella del volto e del corpo, che si perseguita con la chirurgia estetica.
Quella del mondo, che si cancella con la Realtà Virtuale.
Quella di ciascuno, che si abolirà un giorno con la clonazione delle cellule individuali.
E semplicemente quella dell’altro, che si sta diluendo nella comunicazione perpetua.
Se l’informazione è il luogo del delitto perfetto contro la realtà, la comunicazione è il luogo del delitto perfetto contro l’alterità.
Non vi sono più altri: la comunicazione.
Non vi sono più nemici: la negoziazione.
Non vi sono più predatori: la convivialità.
Non vi è più negatività: la positività assoluta.
Non vi è più morte: l’immortalità del clone.
Non vi è più alterità: identità e differenza.
Non vi è più seduzione: l’indifferenza sessuale.
Non vi è più illusione: l’iperrealtà, la Virtual Reality.
Non vi è più segreto: la trasparenza.
Non vi è più destino.

Il delitto perfetto.

Jean Baudrillard, Il delitto perfetto, Raffaello Cortina Editore, 1996, Milano, p. 113