considerazioni sui mondi virtuali

giovedì 27 dicembre 2007

Una massoneria digitale - approfondimento

Pubblico un breve saggio che approfondisce i concetti espressi nel post "Una massoneria digitale?" Potete scaricarlo in formato pdf a questo url


Nel mondo reale – sul pianeta Terra, nella Realtà – abitano tra i sei e i dieci miliardi di persone. In qualsiasi momento le si osservi, si vedrà che la maggior parte di loro è intenta a costruire mattoni di argilla e lubrificare i proprio AK-47. Circa un miliardo di persone ha abbastanza soldi per comprarsi un computer – costoro ne hanno di più di tutti gli altri messi insieme. Di questo miliardo di potenziali possessori di computer, forse solo un quarto se lo compra veramente, e solo un quarto di questi ultimi ha macchine abbastanza potenti da gestire il protocollo della Strada. Se a queste ne aggiungiamo altri sessanta milioni che non se lo potrebbero permettere, ma ci vanno lo stesso, usando computer pubblici o quelli della propria scuola o del proprio ufficio, si può concludere che, mediamente la Strada è occupata da un numero di persone pari al doppio della popolazione di New York. Ecco perché quello schifo di posto è cosi pieno di costruzioni. Se ci metti un cartello o un edificio, sai che sarà quotidianamente visto dalla gente più ricca, più alla moda e meglio inserita del mondo.

Neil Stephenson, Snow Crash, Milano, Bompiani, 2007, pp. 36-37



Così scriveva Neil Stephenson in Snow Crash, libro dal quale la Linden Labs ha preso spunto per creare il metaverso di Second Life. Mi soffermo sulle ultime parole della citazione: “che sarà quotidianamente visto dalla gente più ricca, più alla moda e meglio inserita del mondo.

Due sono i punti che verranno approfonditi in questo breve scritto: la natura elitaria del mondo di Second Life e lo status sociale del suo residente.

Second Life è per pochi? Sì. Due sono i motivi di questa sua natura elitaria.

Il primo: le richieste hardware. Il motore grafico del gioco necessità di un processore di buona potenza e una scheda grafica della penultima generazione (molto approssimativamente diciamo che con le schede grafiche di fascia bassa di due/tre anni fa non è possibile entrare nel metaverso). La Linden Labs è piuttosto ottimista a riguardo e indica i seguenti requisiti di sistema: link

Ovviamente diffidiamo. Per esperienza personale, su un pc con processore Pentium4 acquistato nel 2004 il motore grafico tentennava e la scattosità diveniva una scomoda compagna di viaggio. Con un processore Intel Dual Core e un scheda grafica di ultima generazione invece non ci sono rallentamenti. A questi requisiti dobbiamo aggiungere quelli di banda. È espressamente richiesta una linea DSL o una connessione con fibre ottiche.

Analizziamo in modo più approfondito il problema con il supporto di uno studio statistico compilato dall’Istat nel 2006 e scaricabile cliccando questo link

Vediamo di analizzare i dati relativi all’utilizzo del web in Italia e di verificare quante persone possano effettivamente raggiungere i requisiti hardware necessari per l’accesso al metaverso di Second Life. Scelgo l’Italia come paese campione, non solo per comodità di reperimento e consultazione e per la quantità di dati statistici raccolti dall’Istat, ma anche poiché nell’ambito della Comunità Europea si posiziona idealmente nella fascia mediana per ciò che concerne l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Cominciamo con l’analisi della seguente tabella:


Si evince che in Italia solo il 40% delle famiglie possiede una accesso internet.

Vediamo ora quante di queste possiedono una connessione a banda larga, condicio sine qua non per la partecipazione al mondo di Second Life:


Secondo i dati raccolti dall’Istat solo il 14,4% delle famiglie possiede una connessione di questo tipo. Considerando infine le richieste hardware in termini di processore e scheda grafica (purtroppo non ho trovato un’indagine statistica relativa all’anzianità del parco macchine pc in Italia) possiamo stimare che la percentuale va ulteriormente scremata in quanto non tutte le famiglie possiedono un pc di ultima e penultima generazione.

Per quanto riguarda la penetrazione della banda larga nelle aziende ci rifacciamo ad un altro studio statistico dell’Istat scaricabile all’url: link



70 aziende su 100 dispongono di un accesso a banda larga: un dato confortante.

Bisogna però considerare che la percentuale di persone che accedono a Second Life dal posto di lavoro sarà necessariamente bassa. Immaginate di vestire i panni di un direttore aziendale: tollerereste che i vostri impiegati si dedicassero ai loro affari virtuali piuttosto che al vostro business reale? È lapalissiano che solo pochi aficionados della realtà virtuale si lanceranno in clandestine sessioni di Second Life rischiando il rimprovero da parte della dirigenza o addirittura il licenziamento. E mi sembra altrettanto ovvio che pochi sono anche coloro che preferiscono sacrificare la pausa pranzo in onore del metaverso.

In conclusione, dai dati analizzati appare chiaro che solo una piccola parte della popolazione italiana, stimabile in percentuale attorno al 10%, è in grado di soddisfare i requisiti hardware richiesti dal software Second Life.

Il secondo: le difficoltà della procedura di installazione e nell’utilizzo dell’interfaccia. La Linden Labs ha cercato di semplificare al massimo l’operazione di creazione di un account e di download del programma. Il sito www.secondlife.com presenta una guida all'installazione che segue l’utente passo-passo.

Il problema si pone al momento del primo utilizzo. Occorre una certa “destrezza informatica” per imparare a muovere i primi passi nel metaverso. Bisogna prendere familiarità con l’interfaccia e soprattutto con il sistema di controllo della camera. Per molti questo è uno scoglio insormontabile.


Chi è l’utente medio di Second Life?

Nella prima parte di questa ricerca si è dimostrata la natura elitaria di Second Life: solo una minima parte della popolazione – abbiamo esaminato il caso particolare della situazione italiana – possiede i requisiti necessari per l’accesso al metaverso.

La domanda che ci poniamo ora è la seguente: tra questi “potenziali residenti” quanti effettivamente sono utenti di Second Life? E chi sono? Intendiamo: qual è la loro classe sociale, il loro livello di istruzione, la loro età?

Le risposte le troveremo, ancora una volta, nell’analisi delle indagini statistiche.

Cominciamo con un grafico compilato dalla Nielsen che ci presenta la suddivisione della popolazione del web 2.0 in base all’attività svolta:




La categoria “Virtual Life” è la meno frequentata ma è anche quella che per la quale il tempo di permanenza medio è più alto. L’esplorazione del territorio simulato, la customizzazione dell’avatar, la socializzazione con gli altri residenti sono attività che richiedono un dispendio di tempo elevato.

Eccoci dunque di fronte ad una nuova condicio sine qua non relativa a Second Life: un utente di questo mondo deve avere molte ore di tempo libero da spendere online.

Chi può permettersi il “lusso” di trascorrere il proprio tempo connesso al web?

Riferiamoci alla tabella riassuntiva (estrapolata dallo studio statistico dell’Istat scaricabile cliccando questo link) che riporto qui di seguito. Essa riporta le percentuali relative al possesso di beni tecnologici per condizione occupazionale:




La tabella mostra chiaramente che, in Italia, la connessione a banda larga è appannaggio delle fasce più abbienti della popolazione: dirigenti, imprenditori, liberi professionisti e impiegati di medio/alto livello.

Incrociamo i dati con quelli di questa tabella:



Dalla quale si evince che, in Italia, il web è usato principalmente dalle persone con una fascia di reddito medio/alta e dagli studenti.
Non pare azzardato ipotizzare che per la fascia d’età dai 30 anni in su l’utente medio di Second Life appartiene a quel segmento di persone che hanno probabilmente una capacità economica e decisionale particolarmente appetibile.
Per quanto riguarda i giovani?

La tabella precedente ci dice che 3 studenti su 4 usano il web.



Questa tabella mostra invece che nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni Second Life è l’applicazione preferita dagli utenti del web 2.0. Questa fascia d’età è composta prevalentemente – nei paesi più sviluppati – da studenti universitari.

Cosa ci dice la Linden Labs in proposito?

Si limita a dichiarare che l’età media dell’utente di Second Life è di 32 anni, che il 43% degli utenti è di sesso femminile e che 3 utenti su 4 sono statunitensi. (link)



Conclusioni

Torniamo alla citazione iniziale. Neil Stephenson si è dimostrato profetico? In parte. Second Life non rappresenta ancora il punto di incontro del gotha dell’imprenditoria e della cultura. Probabilmente non lo sarà finché il problema del digital divide, che esclude una larga fetta di popolazione, non sarà superato. E tra quelli che hanno la possibilità tecnica di accedere ad un mondo sintetico solo una piccola parte, per ora, è realmente interessata. Dobbiamo però ammettere che un discreto numero di tecnici informatici, imprenditori affascinati dalle nuove tecnologie, studenti universitari e artisti emergenti ha scelto Second Life come territorio di sperimentazione delle proprie capacità. Questo ha portato alla creazione di un micromondo dove il senso di appartenenza è radicato e dove tutte le persone di successo finiscono prima o poi per incontrarsi. Un micromondo popolato da persone che nella vita reale hanno probabilmente una capacità economica e decisionale particolarmente appetibile e un livello di istruzione medio/alto.

Considerato lo status sociale dei suoi residenti, la loro influenza sulla società e la facilità con la quale si instaurano i rapporti nel metaverso possiamo spingerci ad affermare che Second Life potrebbe trasformarsi in futuro in una massoneria digitale frequentata dall'aristocrazia del web?




sabato 22 dicembre 2007

Ritorno alla seconda vita

Dalla prossima settimana tornerò ad aggiornare questo blog. Nel frattempo passate un Buon Natale, reale o virtuale che sia.

manigault pessoa

martedì 4 dicembre 2007

Sogno e virtuale nell'estetica di Diodato

L’interazione con gli oggetti e i residenti di un mondo sintetico avviene attraverso una nostra trasfigurazione digitale chiamata “avatar”. Si tratta di una relazione a due posti: il soggetto e la sua controparte digitale che sperimentano un ambiente immersivo. Roberto Diodato nel libro Estetica del virtuale azzarda un affascinante paragone. Scrive “forse, a questo livello, l'ambiente percettivamente più simile a quello virtuale almeno per quanto concerne il complesso e immediato sentimento di presenza, è quello del sogno”1.


Cosa hanno in comune l’esperienza dei mondi virtuali e quella onirica? Innanzitutto la sensazione di presenza. Continua Diodato “[…] il sogno è un ambiente nel quale partecipiamo in modo immersivo; rispetto al quale non siamo spettatori bensì attori; un ambiente in cui non stiamo osservando o generando eventi in qualità di storie, in cui non abbiamo l’impressione della duplicità dello sguardo come se assistessimo ad uno spettacolo”2.


Nel sogno ci muoviamo in un ambiente dove avviene un’interazione tra l’avatar del soggetto e un mondo generato dalla memoria che, appartiene sì al soggetto, ma nello stesso tempo lo supera, lo sussume. La memoria “non è una componente della mente […] è invece una proprietà globale della nostra mente”3.


Arrivo dunque alla seconda affinità tra virtuale e onirico: in entrambi i casi ci troviamo immersi in un ambiente che sfugge al controllo della nostra volizione.


Esiste però una rilevante diversità tra i due tipi di esperienza: il sogno è interazione tra un soggetto, una rappresentazione di sé e un mondo generato dalla sua memoria. Una realtà virtuale comporta invece la relazione con un calcolatore elettronico.


Diodato conclude la sua riflessione segnalando la necessità di una teoria dell’artificiale riallacciandosi a Gilbert Simondon il quale auspica il couplage interindividuel tra uomo e macchina. Tale couplage

comincia ad esistere a partire dal momento in cui un codice comune alle due memorie può essere scoperto, al fine che si possa realizzare una convertibilità parziale dell’una e dell’altra perché una sinergia sia possibile”4.






1 Roberto Diodato, Estetica del virtuale, Mondadori, 2005, Milano, p.53

2 Ibid., p. 58

3 A. M. Glemberg, cfr. What memory is for, in Behavioral and Brain Sciences, 1997, p.20

4 G. Simondon, Du mode d’existence des object techniques, Aubier Montaigne, 1969, Parigi, p.124

venerdì 30 novembre 2007

Benvenuti sulle strade del virtuale!

“Esseri umani, gente di qui e di ogni luogo, voi che siete trasportati nel grande movimento della deterittorializzazione, voi che siete innestati sull’ipercorpo dell’umanità alle cui gigantesche pulsazioni il vostro polso fa eco, voi che pensate riuniti e dislocati nelle maglie dell’ipercorteccia delle nazioni, voi che vivete assorbiti, dilaniati, in questo immenso accadimento del mondo che torna incessantemente a sé e nuovamente si crea, voi che, bruscamente, venite proiettati nel virtuale , voi che parteciperete all’enorme salto che la nostra specie sta compiendo verso la sorgente del flusso dell’essere, sì, al cuore stesso di questo straordinario turbinio, voi siete a casa. Benvenuti nella nuova dimora del genere umano. Benvenuti sulle strade del virtuale!"


Pierre Lévy, Il virtuale, Milano ,Raffaello Cortina Editore, 1996, p.142


lunedì 26 novembre 2007

La natura di Second Life

Mi è stato chiesto di rispondere alla seguente domanda: cos’è Second Life? cosa non è Second Life?

Brevemente dico:

Second Life è:

- uno spazio della memoria, un non-luogo

- una realtà virtuale intesa come uno spazio creato da un computer dove l’essere umano può visualizzare, manipolare ed interagire con un insieme di dati estremamente complessi

- una commistione di nuovi media, un valido strumento per la comunicazione

- un paradigma per i mondi virtuali a venire

- un luogo perfetto per costruire una fenomenologia del virtuale

- una società a responsabilità limitata

- una potenziale piattaforma per l’arte e per il business

Second Life non è:

- un gioco

- un mondo da contrapporre alla realtà

- semplicemente una chat o un luogo d’incontro

- la panacea per i mali della società

- una via di fuga dal reale

martedì 20 novembre 2007

Contro i realisti

Oggi vi voglio presentare un “realista”. Chi è costui?!? Chiederete sobbalzando sulla sedia –ehi, siete così impressionabili? –

Un realista è uno strenuo difensore della realtà, un sostenitore delle “cose vere che si possono toccare con mano”, insomma un paladino che vorrebbe uccidere tutti i fantasmi del virtuale con la spada della concretezza.

Solitamente è così cocciutamente arroccato a difesa dei suoi valori che farlo ragionare attorno alla penetrazione del virtuale in ogni ambito del quotidiano è francamente impossibile. E non sprecate il vostro tempo cercando di convincerlo che il virtuale non è da intendere come antitesi del reale bensì come una sua potenzialità….a meno che non abbiate nessun modo migliore per trascorrere il pomeriggio.

Ho incontrato realisti ovunque: al pub, tra le mura dell’università, in piazza e ahimè in massa nel loro habitat: la scatola rettangolare chiamata televisione. Sentire una pseudogiornalista con le labbra gonfie come canotti – tirata a lucido con ogni trucco permesso dal teleschermo - denigrare Second Life e osannare il “naturale” ricordando le sue origini contadine è cosa da far gelare il sangue. Preferisco non rivelare il nome della suddetta. Vorrei negarle anche il privilegio della citazione.

La lotta al virtuale diviene una missione per il realista. Non perderà occasione per ravvisarci della pericolosità dei mondi sintetici. Ad una conferenza su Second Life ricordo l’intervento di una signora, sinceramente preoccupata per la sorte dei suoi figliocci che in tono perentorio affermò “abbiamo la responsabilità di informare i giovani della minaccia dei mondi virtuali”. Me la figuro armata di opuscolo intenta a citofonare ogni campanello della città per sensibilizzare la popolazione.

I realisti rientrano nella categoria degli scettici del progresso. Il problema dell’opportunità di spingere la nostra ricerca scientifica in ambiti oscuri e potenzialmente disastrosi per l’umanità è complesso e richiede una trattazione specifica che rimarrà una delle velleità di questo blog.

Vorrei comunque chiudere il discorso citando George Steiner che nel libro Nel castello di Barbablù ci dà il suo illustre parere sulla questione:

“Apriamo le porte successive del castello di Barbablù perché ci sono, perché ognuna conduce alla prossima con una logica di intensificazione che coincide con la stessa coscienza che la mente ha di essere. Lasciare una porta chiusa sarebbe non solo codardia ma tradimento (radicale, automutilamento) dell’atteggiamento indagatore, avido di sapere, proteso in avanti, che caratterizza la nostra specie. Siamo cacciatori della realtà, ovunque essa ci conduca. I rischi e i disastri a cui si va incontro sono fin troppo evidenti; ma tale è, o è stato fino a tempi molto recenti, l’assiomatico presupposto, tale è stata la convinzione a priori nella nostra civiltà: l’uomo e la verità sono compagni, le loro strade si protendono in avanti e sono dialetticamente congiunte.”[1]

Steiner a questo punto si chiede se l’assioma del progresso inarrestabile deve essere messo in discussione. La risposta è negativa. Scrive:

“Non possiamo tornare indietro. Non possiamo scegliere i sogni degli ignari. Apriremo, ne sono convinto, l'ultima porta del castello, anche se conduce, forse proprio perché conduce, a realtà che oltrepassano la sfera della comprensione e del controllo umano.”[2]

La mente umana procede in avanti nella sua ricerca e le scienze informatiche hanno tracciato sentieri che la nostra curiosità ci spingerà a praticare. Non voglio negare le possibili implicazioni negative di una società fortemente virtualizzata. Ritengo però che il "bigottismo" dei realisti sia altrettanto controproducente.

Siamo cacciatori della realtà e questa realtà la stiamo cercando – per alcuni paradossalmente, ma non per me – nel virtuale. Non è plausibile un ritorno.

Perché, e concludo con una frase di Michel Houellebecq estrapolata da un’intervista su Le Monde: “Certe cose sono irreversibili. Tutto quello che la scienza può permettere sarà realizzato, anche se ciò modifica profondamente quello che noi consideriamo oggi come umano, o come auspicabile".



[1] George Steiner, Nel castello di Barbablù, Milano, SE, 2002, p. 123

[2] Ibid., p. 126

domenica 18 novembre 2007

La possibilità di un'isola

“[…] ciò che cerchiamo di creare è un’umanità artificiosa, frivola, che non sarà mai più toccata dalle cose serie né dall’umorismo, che vivrà fino alla morte in una ricerca sempre più disperata del fun e del sesso; una generazione di eterni kids […] ”1


Così Houellebecq ci descrive la società di domani. Ma questo mondo de-responsabilizzato e sessodipendente è già una realtà nel metaverso: sono centinaia le sim che reggono la propria autonomia sullo shopping sfrenato e sul sesso virtuale, dove tutto si compra, nulla è problematico, dove la filosofia imperante è quella dell'eccesso. Isole virtuali che sono oasi del piacere, templi dell'edonismo, non luoghi dove l'uomo occidentale può esercitare senza riserve il suo diritto al divertimento.






1 Michel Houellebecq, La possibilità di un'isola, Milano, Bompiani, 2007, p. 32

mercoledì 14 novembre 2007

Pierre Levy e la virtualizzazione

La parola virtuale proviene dal latino medievale virtualis, derivato, a sua volta, da virtus, forza, potenza. Nella filosofia scolastica virtuale è cioè che esiste in potenza e non in atto. Il virtuale tende ad attualizzarsi, senza essere tuttavia passato a una concretizzazione effettiva o formale. L’albero è virtualmente presente nel seme. Volendosi attenere rigorosamente al ragionamento filosofico, il virtuale non si contrappone al reale ma all’attuale: virtualità e attualità sono solo due diversi modi di essere.”1


Nel libro Il virtuale Pierre Lévy, filosofo e docente universitario, affronta il lungo cammino della virtualizzazione che è fenomeno da sempre presente nella storia dell’uomo: è virtualizzazione il linguaggio, la tecnica, il contratto, l’arte.

Ma che cos’è la virtualizzazione? Lévy scrive “La virtualizzazione può essere definita come il movimento contrario all'attualizzazione. Essa consiste nel passaggio dall'attuale al virtuale, nell'elevare a potenza l'entità considerata. La virtualizzazione non è una derealizzazione (la trasformazione di una realtà in un insieme di possibili), ma un cambiamento di identità, uno spostamento del centro ontologico dell'oggetto in questione: anziché definirsi fondamentalmente attraverso la sua attualità (una soluzione), l'entità trova ora la propria consistenza essenziale in una campo problematico.”2


Lévy vuole sfatare il pregiudizio che vede il virtuale come qualcosa di contrapposto al reale. Il virtuale deve essere inteso invece come una possibilità, un potenziale.





1 Pierre Lévy, Il virtuale, Milano ,Raffaello Cortina Editore, 1996, p.5

2 Ibid., p. 7-8

lunedì 12 novembre 2007

Ricchi e poveri



La tabella riportata sopra è aggiornata di mese in mese nella pagina delle statistiche economiche del sito della Linden (link)

I dati in questione si riferiscono all’andamento del Linden Dollar Flow dei residenti dei Second Life negli ultimi 6 mesi. Di che cosa si tratta? Del guadagno netto in Linden Dollars totalizzato per ogni mese di permanenza nel metaverso, escluse le spese per l’acquisto e vendita delle land. In pratica il proprio stipendio virtuale, esentasse.

Cosa posso dire dopo un’attenta analisi di questa tabella? Che la società di Second Life è fortemente gerarchica e il divario tra ricchi e poveri immenso. Solo 150 residenti – a fronte di una popolazione attiva di circa 500000 avatar – guadagnano più di 5000 USD (dollari statunitensi) mentre la maggioranza della popolazione ha un ricavo inferiore ai 10 USD. Questi ricchi sono i maggiori proprietari terrieri e dispongono di un patrimonio tale che mi sembra strano che ancora nessuno di loro abbia deciso di costruire il proprio deposito modello Paperon de’ Paperoni dove cimentarsi nel nuoto sincronizzato tra le monete - virtuali - d’oro zecchino.

mercoledì 7 novembre 2007

Osmosi lenta

Marshall Mcluhan disse che ogni tecnologia viene interpretata nei termini di quella che l’ha preceduta: ad esempio l’automobile era inizialmente vista come una carrozza senza cavalli, la televisione come una radio con le immagini. A tale regola non sfugge la realtà virtuale che viene ancora considerata una copia della realtà fisica con alcune caratteristiche speciali. Ecco spiegato il motivo del perché in Second Life si cerchino di replicare fedelmente alcuni aspetti della realtà che in un mondo sintetico non hanno motivo di esistere.

Un esempio? Pensate all’architettura, che il Second Life è spesso a misura d’uomo e non a misura di avatar. Potreste spiegarmi altrimenti la presenza di scale, totalmente inutili in quanto l’avatar può spostarsi volando? E questo è solo uno degli innumerevoli aspetti del metaverso pedissequamente copiati dalla realtà in modo che definirei “passivo” dai creativi di Second Life.

Il giornalista Gianluca Nicoletti ha forse individuato il nodo centrale del problema: il residente che entra in Second Life necessità di un’osmosi lenta tra la sua vita reale e quella virtuale. Non è preparato ad accettare un cambiamento repentino e totale e tende perciò a ricostruire alcuni aspetti della sua esistenza quotidiana, pleonastici nel metaverso, ma necessari per farlo sentire a suo agio.

martedì 6 novembre 2007

Realtà virtuale: una definizione (2)

L’espressione “realtà virtuale” può essere considerata a tutti gli effetti un ossimoro? È una categoria generale alla quale possiamo ascrivere tutti gli ambienti simulati da un computer o dobbiamo fare delle precise distinzioni? La natura ambigua del termine allude ad una confusione tra reale e simulato sintomatica nella società moderna?

Uno dei primi scettici riguardo all’uso di questo termine fu Warren Robinett – game designer e programmatore – che al convegno “Hip Hype Hope” tenutosi nel 1990 al SIGGRAPH lo definì “un ingegnoso ossimoro” e dichiarò di preferire l’espressione “esperienza sintetica”. Ammise però che era molto improbabile l’abbandono di un termine divenuto ormai di pubblico dominio.

In effetti, nonostante gli attacchi più o meno riusciti da parte di ricercatori e studiosi di scienze informatiche, l’espressione “realtà virtuale” si è sedimentata nella nostra lingua, affiancata però da una schiera di sinonimi/epigoni: “mondo sintetico”, “mondo virtuale”, “realtà artificiale” per i quali è necessaria una trattazione specifica.

Benjamin Woolley, nel primo capitolo del suo libro Mondi Virtuali, si sofferma sull’espressione “realtà artificiale” e così scrive “potrebbe essere un ossimoro: una figura retorica che utilizza un’apparente contraddizione allo scopo di suggerire una realtà molto più profonda.”[1]

In pratica considera questo termine una spia dell’atteggiamento ambiguo della società moderna verso la realtà.

A tale riguardo, due sono le linee di pensiero tracciate dalla filosofia sul finire del secolo scorso: quella di Barthes e Baudrillard che sostengono che il reale è una costruzione politica e storica, un mito da sfatare; e quella dei “realisti”, tra i quali si annovera Woolley stesso, che ritengono che l'esistenza di un mito della realtà non basti a significare che essa stessa sia un mito. Posizioni certamente antitetiche, inconciliabili, come i due termini di un ossimoro.




[1] Benjamin Woolley, Mondi Virtuali, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p. 18

domenica 4 novembre 2007

Realtà virtuale: una definizione

Cosa indichiamo esattamente con il termine “realtà virtuale”?

Una possibile definizione è la seguente: la realtà virtuale è una spazio creato da un computer dove l’essere umano può visualizzare, manipolare ed interagire con un insieme di dati estremamente complessi.

Schematizzando, una realtà virtuale è caratterizzata da:

  • la presenza di spazio simulato da un computer, uno spazio della memoria nel quale l’utente è proiettato con gradi e modalità di immersività differenti

  • l’interazione uomo-macchina

  • la mole dell’informazione gestita



Chi ha introdotto il termine “realtà virtuale”?

Jaron Lanier, uno dei pionieri in questo campo, che parlò per la prima volta di “virtual reality” al SIGGRAPH (Special Interest Group on GRAPHics and Interactive Techniques) del 1989. Il SIGGRAPH è un convegno annuale organizzato da specialisti della grafica computerizzata.


Al SIGGRAPH Lanier parlò della realtà virtuale in questi termini: “È molto difficile da descrivere se non si è provata. Ma c’è un’esperienza che consiste nel sognare che non c’è nulla di impossibile, che qualsiasi cosa può accadere, che si è in un mondo assolutamente aperto, in cui l’unica limitazione è la propria mente. Ma il problema è che si è lì da soli, tutti soli con se stessi. E quando ci si risveglia si deve rinunciare a tutta quella libertà. Tutti noi abbiamo sofferto da bambini un terribile trauma che poi abbiamo dimenticato, quando abbiamo dovuto accettare il fatto che siamo degli esseri materiali, e che tuttavia, nel mondo materiale in cui dobbiamo fare delle cose, siamo molto limitati. Quel che mi sembra così emozionante della realtà virtuale è che essa ci restituisce quella libertà. Ci dà la sensazione di poter essere quello che siamo senza alcun limite, e ce la nostra immaginazione sia diventata oggettiva e che possiamo farvi partecipare altre persone1





1Benjamin Woolley, Mondi Virtuali, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p.26

venerdì 2 novembre 2007

Il decalogo del web

Durante l’ultimo incontro organizzato dal communication village sono state discusse le 10 proprietà che hanno portato al successo del web. Le elenco brevemente:

  1. Universalità = capacità di ampliare/ridurre le distanze geografiche.
  2. Mediazione
  3. Esternalità di rete = il valore di un prodotto aumenta con l’aumentare dei consumatori che lo utilizzano (legge di Metcalfe: “L’utilità e il valore di una rete sono pari ad n^2 – n, dove n è il numero degli utenti
  4. Canale di distribuzione = canale per la diffusione di prodotti e servizi a elevato contenuto di informazione, per questo digitalizzabili con il minimo sforzo (es. file audio, file video, biglietti per mezzi di trasporto e per eventi, prodotti/servizi bancari e assicurativi, news, ecc.).
  5. Utilizzo del tempo = migliore fruizione del tempo degli utenti i quali trovano informazioni, prodotti e servizi con pochi click del mouse, ovunque ci si trovi, 7 giorni su 7, 24 ore su 24.
  6. Capacità virtuale infinita = possibilità potenzialmente illimitata di soddisfare i bisogni del consumatore.
  7. Standard a basso costo = computer e connessione a Internet, almeno nei paesi economicamente avanzati, hanno costi di acquisto e di mantenimento relativamente bassi perché questo tipo di tecnologia possa essere posseduta da un alto numero di persone.
  8. Distruzione creativa = processo di mutamento industriale innovativo ed evolutivo.
  9. Riduzione delle asimmetrie informative = la conoscenza delle informazioni dei soggetti protagonisti della transazione è potenzialmente equiparabile affinché il soggetto con minori conoscenze ne acquisisca di maggiori.
  10. Riduzione dei costi di transazione

Questi punti valgono anche per Second Life?

I punti 1, 2 e 3 certamente. Secondlife è un crogiolo culturale dove abitanti di tutto il pianeta si ritrovano a condividere lo stesso spazio virtuale, uno spazio della memoria dove maggiore è il numero di avatar/residenti maggiore è la possibilità di mediazione.

Il punto 4 richiede una considerazione: non tutti i prodotti e servizi ad elevato contenuto di informazione sono adatti al metaverso: ad esempio non ci sono vantaggi tangibili nel trattare prodotti/servizi bancari in SL; oppure si pensi ad una canale informativo: sarà molto più efficace e l’informazione potrà essere diffusa in modo più capillare sfruttando l’rss piuttosto che con gli strumenti forniti da Second Life.

I punti 5 e 6 sono controversi: Second Life è aperto 24 ore su 24 ma alcuni servizi potranno essere fruiti solo in presenza del gestore che naturalmente non potrà sempre essere connesso. Sulle possibilità potenzialmente illimitate di soddisfare i bisogni del consumatore dubito per il web e ancora di più per Second Life.

Il punto 7 vale, anche se bisogna considerare che il motore grafico di Second Life richiede un computer di fascia medio/alta, una tecnologia non accessibile a tutti anche nei paesi economicamente avanzati.

Condivisibili sono anche i punti 8, 9 e 10.

Quali sono invece le proprietà specifiche di Second Life non condivise con il web? Nei prossimi incontri al communication village cercheremo di definirle.

mercoledì 31 ottobre 2007

Una massoneria digitale?

Nel mondo reale – sul pianeta Terra, nella Realtà – abitano tra i sei e i dieci miliardi di persone. In qualsiasi momento le si osservi, si vedrà che la maggior parte di loro è intenta a costruire mattoni di argilla e lubrificare i proprio AK-47. Circa un miliardo di persone ha abbastanza soldi per comprarsi un computer – costoro ne hanno di più di tutti gli altri messi insieme. Di questo miliardo di potenziali possessori di computer, forse solo un quarto se lo compra veramente, e solo un quarto di questi ultimi ha macchine abbastanza potenti da gestire il protocollo della Strada. Se a queste ne aggiungiamo altri sessanta milioni che non se lo potrebbero permettere, ma ci vanno lo stesso, usando computer pubblici o quelli della propria scuola o del proprio ufficio, si può concludere che, mediamente la Strada è occupata da un numero di persone pari al doppio della popolazione di New York. Ecco perché quello schifo di posto è cosi pieno di costruzioni. Se ci metti un cartello o un edificio, sai che sarà quotidianamente visto dalla gente più ricca, più alla moda e meglio inserita del mondo.

Neil Stephenson, Snow Crash, Milano, Bompiani, 2007



Così scriveva Neil Stephenson in Snow Crash, libro dal quale la Linden Labs ha preso spunto per creare il metaverso di Second Life. Mi soffermo sulle ultime parole della citazione: “che sarà quotidianamente visto dalla gente più ricca, più alla moda e meglio inserita del mondo.

Due sono i punti da approfondire:

1- Second Life è per pochi? Sì. Due sono i motivi di questa sua natura elitaria. Il primo: le richieste hardware. Il motore grafico del gioco richiede un processore di buona potenza e una scheda grafica della penultima generazione(molto approssimativamente diciamo che con le schede grafica di fascia bassa di due/tre anni fa non è possibile entrare nel metaverso). La Linden Labs è piuttosto ottimista a riguardo e indica i seguenti requisiti di sistema: http://secondlife.com/corporate/sysreqs.php. Ovviamente diffido. Per esperienza personale, su un pc con processore AMD 2000XP e scheda grafica ATI RADEON 9550 il motore grafico tentennava e la scattosità diveniva una scomoda compagna di viaggio. Con un processore Intel Dual Core e un scheda ATI X1950PRO invece non ci sono rallentamenti. A questi requisiti dobbiamo aggiungere quelli di banda. È espressamente richiesta una linea DSL o una connessione con fibre ottiche.

Il secondo: l’installazione e l’interfaccia. La Linden Labs ha cercato di semplificare al massimo l’operazione di creazione di un account e di download del programma. Il problema si pone al momento del primo utilizzo. Occorre una certa “destrezza informatica” per imparare a muovere i primi passi nel metaverso. Bisogna prendere familiarità con l’interfaccia e soprattutto con il sistema di controllo della camera. Per molti questo è uno scoglio insormontabile.

2- Chi è l’utente medio di Second Life? Un o una trentenne, americano/a, laureato/a, con una buona cultura. Questo secondo le statistiche presentate dalla Linden Labs (a questo url potrete consultare uno schema riassuntivo LINK). Dunque un rappresentante di un segmento di persone che hanno probabilmente una capacità economica e decisionale particolarmente appetibile.


Neil Stephenson si è dimostrato profetico? In parte. Second Life non rappresenta ancora il punto di incontro del gotha dell’imprenditoria e della cultura. Probabilmente non lo sarà mai: il problema del digital divide esclude una larga fetta di popolazione. E tra quelli che hanno la possibilità tecnica di accedere ad un mondo sintetico solo una piccola parte è realmente interessata. Devo però ammettere che un cospicuo numero di tecnici informatici, imprenditori affascinati dalle nuove tecnologie, studenti universitari e artisti emergenti ha scelto Second Life come territorio di sperimentazione delle proprie capacità. Questo ha portato alla creazione di un micromondo dove il senso di appartenenza è radicato e dove tutte le persone di successo finiscono prima o poi per incontrarsi.

Che sia nata una nuova massoneria digitale? La domanda è azzardata. Mio compito futuro sarà cercare di dare una risposta.

lunedì 29 ottobre 2007

Fantasmagoria per 250 linden

Ieri, in una sonnolente domenica pomeriggio, mi sono ritrovato a girovagare per le sim di Second Life. Passeggiando su una spiaggia tropicale, tra bagnanti impegnati nel camping e altri avatar svolazzanti, vengo attirato da una serie di pannelli pubblicitari che reclamizzano un outlet di alta moda. Clicco su uno dei pannelli e ricevo una calling card contenente uno slurl, un indirizzo al quale teletrasportarsi. Vinto dalla curiosità e nel tentativo di contrastare lo spleen di una opaca giornata autunnale, decido di optare per una sessione di shopping virtuale.


Vengo catapultato in un luccicante centro commerciale fin troppo ricalcato su quelli del mondo reale(i progettisti sembrano aver scordato che gli avatar hanno esigenze e capacità motorie diverse dalle nostre). Tra skin, acconciature, vestiti per donne alquanto discinte e improponibili stivali dai tacchi assassini vengo colpito dalla vetrina di un modesto negozio di completi eleganti per uomo.


Osservo con cura i vari modelli, ragiono attorno ai possibili accostamenti di colore e trama tra giacca e cravatta e infine acquisto un completo grigio fumo di Londra per la modica cifra di 250 linden dollars. Più o meno un dollaro nella vita reale. Più o meno lo stipendio pagato ad un operaio della provincia cinese per dodici ore di lavoro in fabbrica.

Ne nasce una questione. Un dollaro per un abito composto da qualche texture indossato da un avatar che altro non è che qualche migliaio di righe di codice da qualche parte su un server: c’è da domandarsi il perché di questa smania di acquistare “non-cose”, ricercare i motivi di questa febbre da prodotti evanescenti, immateriali.


Stanislav Lem, scrittore polacco di fantascienza e saggi filosofici, ha elaborato una teoria sulla questione, che ha chiamato “fantasmologia”. Scopo della teoria è indagare sul perché la nostra società è diventata una produttrice di fantasmagorie in serie, costruendo così un mondo dove “per principio e senza eccezione vale la regola che nessuno possa sentirsi sicuro di aver a che fare con la realtà naturale1


Purtroppo Lem è deceduto l'anno scorso. Avrei tanto desiderato chiedergli cosa ne pensasse del mio mio completo elegante da 250 linden dollars.




[1]

Stanislav Lem, Phantastik und Futurologie, 2 voll., Insel, Frankfurt am Main, 1977-1980, p.184


domenica 28 ottobre 2007

Avatar - origini del vocabolo

Avvicinandosi alla Strada, Hiro vede due giovani coppie, che probabilmente stanno usando il computer dei loro genitori per un doppio appuntamento nel Metaverso, scendere alla fermata di Porto Zero – luogo d’accesso della zona e capolinea della Monorotaia.

Naturalmente, non sta vedendo persone reali. È solo una parte dell’immagine disegnata dal suo computer, in base ai dati provenienti dal cavo in fibre ottiche. Le persone sono dei software, detti avatar. Si tratta di corpi audiovisivi che la gente usa per interagire nel Metaverso. Ora, anche l’avatar di Hiro si trova sulla Strada e se le due coppie che stanno scendendo dalla monorotaia, guardassero nella sua direzione lo vedrebbero proprio come lui vede loro. Potrebbero avviare una conversazione: Hiro dal D-Posit di Los Angeles e i quattro adolescenti, probabilmente, da un divano di un quartiere residenziale di Chicago, ognuno con il suo pc portatile. Ma è probabile che non si parleranno, proprio come succederebbe nella Realtà. Sono bravi ragazzi, questi, e si rifiutano di parlare con un meticcio solitario dall’avatar custom troppo sofisticato che maneggia un paio di spade.


Neil Stephenson, Snow Crash, Milano, Bompiani, 2007


Avatar: termine della lingua sanscrita che nella religione induista si usa per indicare l’incarnazione di una divinità in un corpo fisico. Trasposto nel mondo dell’informatica ha acquisito il nuovo significato di immagine o modello in 3d scelto da un utente per rappresentare se stesso in una community, videogame e MMOG.

La rappresentazione di un giocatore attraverso una pedina ha radici nell’antichità. Si pensi al Gioco reale di Ur praticato dai Sumeri attorno al 2500 a.C., oppure agli scacchi la cui origine risale al Chaturanga hindu. Questo gioco si presenta come una simulazione dei sistemi di potere dell’epoca: su una scacchiera di 64 caselle due giocatori si sfidano nel tentativo di catturare il re avversario. Siamo di fronte ad un antesignano, seppur infinitamente più semplice, dei mondi virtuali attuali.

venerdì 26 ottobre 2007

Second Life è un gioco?

Second Life è un gioco?

No, o meglio lo è ma è anche e soprattutto “altro”.
Un gioco presuppone uno o più obiettivi da raggiungere e una finalità ludica. Prendiamo il caso di World of Warcraft, forse il MMOG più famoso al mondo. La permanenza in questo mondo virtuale è finalizzata allo sviluppo del personaggio. Gli ideatori hanno previsto introdotto una serie di missioni da completare, territori da esplorare, nemici da combattere.


In Second Life si entra senza uno scopo preciso: ci si può abbandonare al piacere dell’esplorazione, si può chattare, intrattenere con le simulazioni di gioco, si possono organizzare conferenze e team di lavoro, si può creare oggetti o fare business.
Forse Second Life è il MMOG dove l’avatar può esercitare meglio il suo libero arbitro. Ciò può disorientare colui che viene chiamato “newbie”, cioè l’utente alle prime armi al quale verrà spontaneo chiedersi e ora cosa faccio su Second Life?


Superata l’impasse iniziale Second Life si rivela uno straordinario strumento di interazione sociale e una buona piattaforma per l’arte e per il business.
Questo mondo sintetico lancia dunque una sfida. Per annoverarsi tra i suoi cittadini occorre spirito di iniziativa e volontà di mettersi in gioco.

giovedì 25 ottobre 2007

Resoconto conferenza di Mario Gerosa

Ieri all’UnAcademy (slurl) si è tenuta una conferenza intitolata “Il grado zero dell'arte nei mondi virtuali e nei social network” presenziata da Mario Gerosa, redattore capo di AD (Architectural Digest Italy) e autore di uno dei primi libri italiani su Secondlife.

Riassumo brevemente gli argomenti trattati.

Gerosa si augura che presto possa nascere una stilistica dei mondi virtuali. L’arte del mondo reale e l’arte dei mondi virtuali devono procedere parallelamente in un circolo virtuoso di osmosi continua: solo così gli artisti della realtà virtuale potranno affrancarsi dal loro ruolo di subalterni del panorama artistico.

Da dove cominciare la costruzione di questa stilistica?

Certamente dagli studi sull’architettura, dalla citazione dell’arte istituzionale nei mondi virtuali, dalle affinità con la cultura del fumetto e del videogame. Occorre partire dagli strumenti di indagine artistica che ci fornisce la storia dell’arte ponendosi l’ambizioso obiettivo di giungere un giorno alla definizione di nuovi parametri estetici per l’universo dei mondi virtuali.

Siamo dunque fermi al grado zero dell’arte nella terra della virtualità: i mondi virtuali non sono ancora sfruttati come piattaforma creativa.


Si prenda l’esempio di Second Life: il business domina, grandi aziende aprono sfarzose sedi che diventano ben presto cattedrali nel deserto. Il mercato dell’arte in Second Life è ancora visto con sufficienza dai media e dai critici e gli artisti stentano ad emergere.

Gerosa auspica vivamente un futuro nel quale Second Life sarà soprattutto una piattaforma creativa, forse addirittura la Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale teorizzata da Wagner nel tardo ‘800.

mercoledì 24 ottobre 2007

Cyberspazio: un’allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici…Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città, che si allontanano…


William Gibson, Neuromante, Editrice Nord, Milano,1986, p. 52

martedì 23 ottobre 2007

I'll be your mirror

Apro il post con una considerazione di Tomás Maldonado (professore ordinario di Progettazione Ambientale al Politecnico di Milano): “Vi è più di un motivo per ritenere che una cultura senza alcun tipo di esperienza con le immagini non esista”.1


L'uomo fin dalla preistoria ha conosciuto la proprietà di alcuni materiali e elementi (ad esempio l'acqua) di riflettere e dunque raddoppiare illusoriamente la realtà. Umberto Eco ci definisce animali catottrici, ovvero animali che hanno avuto l'esperienza dello specchio. Lo specchio può essere considerato il punto di partenza del lungo cammino che ha portato l'uomo a perfezionare le sue tecniche di riproduzione della realtà.

J.J. Gibson (uno dei più importanti studiosi di psicologia del '900) ritiene che le immagini riflesse non appartengono alla categoria dei surrogati della realtà – immagini artificialmente prodotte – in cui l'oggetto rappresentato non è presente al momento della percezione della sua immagine.


Concedetemi ora un paragone ardito. Mi riallaccio alla tesi di Gibson e mi chiedo: può un mondo virtuale come Second Life essere considerato come riflessione della nostra società occidentale attraverso le lenti speculari e distorcenti della tecnologia? La proliferazione dei mondi virtuali può essere vista come un gioco di specchi della società?


Consideriamo la situazione di un uomo impegnato in una sessione di navigazione nel mondo di Second Life. Egli è contemporaneamente presente nella realtà fisica e nella realtà simulata, posto di fronte ad uno schermo dove è in atto una rappresentazione – non del tutto fedele ma comunque verosimile - della società nella quale vive.

Stiamo perciò trattando una rappresentazione della realtà non ascrivibile alla categoria dei surrogati ipotizzata da J.J. Gibson: l'oggetto rappresentato e l'oggetto della rappresentazione sono contemporaneamente percettibili all'osservatore.


Società e società riflessa, uomo e avatar: è giunto forse il tempo di riscrivere il mito di Narciso?



1Tomás Maldonado, Reale e Virtuale, Feltrinelli, Milano 1993, p. 40

lunedì 22 ottobre 2007

Un esperimento di darwinismo sociale?

William Gibson ci descrive così un quartiere della Tokyo futuristica del suo romanzo Neuromante:


Night City era come un esperimento dissennato di darwinismo sociale, concepito da un ricercatore annoiato che tenesse un pollice in permanenza sul pulsante dell’avanti-veloce


Questa definizione potrebbe essere adatta a descrivere il metaverso di Second Life? Un mondo dove i rapporti sociali sono accelerati, le distanze si annullano con il teletrasporto, la maggior parte degli abitanti cerca di scalare la gerarchia sociale nel modo più rapido possibile e il territorio è organizzato con un sistema che ricorda quello feudale (tante isole-feudi ognuna con il proprio owner-feudatario)?

sabato 20 ottobre 2007

Intervista a Vytek Scheflo, programmatore

Pubblico l’intervista al programmatore che sta lavorando ad un avatar comandato da un intelligenza artificiale

Manigault Pessoa: Per prima cosa: presentati....e presenta brevemente il tuo progetto..
Vytek Scheflo: Salve sono Vytek Scheflo e per pura passione (sono studente di ingegneria e lavoro come programmatore) sto realizzando un avatar guidato da un programma di IA con la possibilità di interfacciarsi a vari sistemi...Siamo ancora ad uno stadio alfa ma ho intenzione di rilasciare i sorgenti sotto la licenza GPl...ovvero come progetto open source...


Manigault Pessoa: Una domanda tecnica: hai lavorato con il codice del client di SL?
Vytek Scheflo: No...utilizzo la libsecondlife per intefacciarmi a sl....il bellissimo progetto www.libsecondlife.org


Manigault Pessoa: Come si chiama l'avatar che hai creato?
Vytek Scheflo: Katina Bade


Manigault Pessoa: Lo posso trovare nel people search di SL?
Vytek Scheflo: Certamente, è un normale avatar di sl....solo il livello di backend è diverso....dietro infatti ha un programma di BOT (Robot) che guida l'avatar


Manigault Pessoa: quindi presumo che inviando un IM a Katina lei cercherà di rispondermi con delle frasi presenti nel suo database...giusto?
Vytek Scheflo: Sì, fa una cosa anche più sofisticata ...usa infatti AIML..un ottimo motore chatbot programmabile...ma spero presto di poterlo collegare ad un motore ontologico come Opencyc rendendolo sempre più "intelligente" :-)


Manigault Pessoa: Sei riuscito ad ingannare qualche residente di SL facendogli credere che dietro Katina ci fosse una donna in carne e ossa?
Vytek Scheflo: Pochissimi avatar ..soprattutto perchè tutto il sistema di domande e risposte è stato messo su in fretta ed in furia..credo che lo riscriverò completamente...diciamo che dopo poche domande già si intuisce che è un programma...ma ci sto lavorando…


Manigault Pessoa: Katina ha altre funzioni oltre alla capacità di interagire verbalmente?
Vytek Scheflo: Sì, molte.....ad esempio può camminare su percorsi programmati...ricevere e dare notecard, collegarsi ad altri network di IM anche se questa opzione la sto attentamente valutando visto che legalmente non so bene se si possa fare..tecnicamente è molto semplice e Katina potrebbe diventare un ponte verso IRC, AIM, Jabber, Icq....etc…Non ultimo l'ho collegata ad libreria creata dalla mia fidanzata che calcola tramite l'algoritmo di Gauss la data della prossima pasqua...:-)


Manigault Pessoa: ritieni che in futuro gli avatar come Katina potrebbero diventare ospiti fissi di SL? fondamentalmente SL è un mondo piuttosto "vuoto"...solo 50000 residenti collegati simultaneamente in una regione che misura diversi migliaia di km quadrati di superficie....gli avatar comandati da AI potrebbero fare da "tappabuchi"?
Vytek Scheflo: Lo auspico vivamente....ho realizzato Katina ispirato dal libro cult Snow Crash in cui The Librarian era un agente AI in grado di aiutare il protagonista nelle sue indagini....Katina potrebbe essere una guida, un'interfaccia verso altri servizi, un consigliere, ma anche un ottimo mezzo di divulgazione scientifica .... o semplicemente una segretaria personale tutto fare....


Manigault Pessoa: Ora vado un po' off topic e esco dai paletti dell'intervista...ti domando...conosci i romanzi di William Gibson?
Vytek Scheflo: Certo....ho letto Neuromante...ma preferisco Neal Stephenson...


Manigault Pessoa: Ecco...sai che uno dei temi è la possibilità che un AI arrivi a prendere coscienza autonomamente... stiamo parlando di fantascienza, ma ti domando...tu credi in questa possibilità? È solo una questione di tempo e potenza di calcolo oppure ti sembra impossibile che del codice possa essere tanto sofisticato da raggiungere l'autocoscienza?
Vytek Scheflo: stai parlando della Singolarità Tecnologica...argomento che mi appassiona molto...


Manigault Pessoa: Sì, mi rifaccio ad alcune idee degli anni '80 sulla possibilità di generazione spontanea dell'intelligenza...
Vytek Scheflo: Tutto fa pensare, secondo gli studi, che la Singolarità è prossima...si parla del 2030...personalmente sono un pochino scettico....non credo all'ipotesi della IA forte...ma della IA debole...abbiamo ottimi sistemi e tecnologie per specifiche soluzioni....ma un’entità cosciente in generale....ammetto però che non sono certo molto ferrato in materia...certo mi piacerebbe molto ed ho letto di eminenti studiosi che hanno avanzato ipotesi plausibili...credo che ci vorrà molto più tempo non credo sia solo una questione di potenza di calcolo...

venerdì 19 ottobre 2007

Mario Gerosa, Second Life

Mario Gerosa, Second Life, Roma, Meltemi Editore, 2007


Cap 1: SL come cyberconvento. Intervista ad esperta di formazione su SL.
Cap 2: SL è un gioco? Intervista con psicologo e psicanalista che opera su SL.
Cap 3: Economia. Intervista ad imprenditori operanti in SL.
Cap 4: Società: il divario ricchi/poveri in SL.
Cap 5: Intervista con Aimee Weber, importante residente di SL.
Cap 6: Sesso virtuale. Intervista con giornalista.
Cap 7: Arte su SL: dalla creazione dell’avatar, ai musei, alla fotografia.
Cap 8: Gli Electric Sheep, gruppo di consulenza in SL.
Cap 9: Moda in SL.
Cap 10: I media: la stampa in SL.
Cap 11: Crimini nei mondi virtuali.
Cap12: Archittettura in SL.

giovedì 18 ottobre 2007

Connessionismo e intelligenza artificiale

Laney è un’analista quantitativo. Il suo lavoro consiste nel collegarsi al cyberspazio e cercare nel flusso di informazioni dei “punti nodali”, degli agglomerati di dati nei quali è possibile comprendere e prevedere l’andamento di un determinato fenomeno, che sia il comportamento di un personaggio famoso o il piano di marketing di una multinazionale. “È come vedere le cose tra le nuvole, ma le cose ci sono” ci dice lo stesso Laney.


Chia è la caposezione di un fanclub di un duo rock, i Lo/Rez e viene mandata a Tokyo per raccogliere informazioni su una notizia annunciata da Rez, voce del gruppo, il quale afferma di avere l’intenzione di sposare un aidoru, un idolo virtuale, un agente software.

Anche Laney è a Tokyo, per indagare sulla stessa cosa.


Non svelo altro della trama di Aidoru romanzo cyberpunk del maestro del genere, William Gibson, pubblicato in Italia nel 1997 da Mondadori. Non vorrei fare il guasta-lettura.


Vorrei invece soffermarmi sulla figura dell’aidoru che Gibson definisce un’Antartide di dati, una simulazione affascinante tanto da convincere una rockstar del mondo reale ad unirsi con lei in un matrimonio. Rei Toei, questo il suo nome, è un agente software in costante evoluzione che grazie all’unione con Rez potrà raggiungere una nuova prospettiva d’esistenza, una nuova consapevolezza del proprio essere.


Quello del software che prende coscienza di sé non è solo un topos della fantascienza ma anche un teoria scientifica – o forse sarebbe meglio dire pseudoscientifica -.

Facciamo un passo indietro: anni ’80, USA. Un nutrito gruppo di ricercatori lavora allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tra questi Hans Moravec ricercatore all’istituto di robotica della Carnegie Mellon University. Moravec è da sempre ottimista sulle possibilità di sviluppare un’intelligenza artificiale credibile (è convinto che entro il 2030 costruiremo computer con la capacità di elaborazione del cervello umano e dal prezzo accessibile a tutti). In quegli anni portò avanti l’idea della “generazione spontanea” del pensiero in una macchina complessa regolata da un semplice insieme di regole.

La teoria dell’intelligenza emergente entrò a far parte del movimento del Connessionismo, un modello delle scienze cognitive ideato da Rumelhart & McClelland e il PDP Research Group nel 1986 che cerca di studiare il funzionamento della mente umana paragonandolo ad un sistema di reti neurali non dissimile da quello di una rete informatica.


Gli studi del movimento connessionista hanno generato una serie di idee subito colte dagli scrittori e sceneggiatori di fantascienza. Il mito dell’intelligenza emergente è centrale nel romanzo capostipite del cyberpunk, Neuromante di William Gibson, nel quale due complessi software presenti nella rete decidono di fondersi per creare un’entità superiore. Anche nella saga cinematografica Terminator si narra della presa di coscienza di Skynet, una rete di calcolatori progettata per la difesa militare. In Ghost in the Shell (manga creato da Masamune Shirow dal quale è stato tratto un anime) uno dei protagonisti è un cybercriminale ricercato dalla polizia che si rivela poi essere un’intelligenza artificiale.


Poteva il mondo di Second Life essere impermeabile al mito dell’agente software? No di certo. In questi ultimi mesi molti sforzi sono stati profusi nel tentativo di creare avatar capaci di muoversi autonomamente nel metaverso e interagire in modo credibile con gli utenti umani. Ho contattato un programmatore che sta lavorando ad un progetto di questo genere e nel caso sia disponibile a concedere una piccola intervista la pubblicherò al più presto sul blog.

mercoledì 17 ottobre 2007

Benjamin Woolley, Mondi Virtuali

Ho deciso di postare una breve scheda bibliografica per i libri più interessanti sull’argomento mondi virtuali. Spero possa essere utile a tutti i tesisti e semplici interessati. Inizio con questo libro del giornalista inglese Benjamin Woolley.


Benjamin Woolley, Mondi Virtuali, Torino, Bollati Boringhieri, 1993

Contenuti

Introduzione: riflessione attorno ai termini “realtà artificiale” e “realtà virtuale”.
Cap 1: Breve storia della realtà virtuale: dalle origini alla metà degli anni ’90.
Cap 2: Da dove viene il concetto di realtà virtuale?
Cap 3: Alan Turino e la sua macchina.
Cap 4: John Von Neumann e l’idea del costruttore universale. I frattali di Mandelbrot.
Cap 5: Intelligenza artificiale. Commutabilità del linguaggio. Connessionismo.
Cap 6: Il concetto di “cyberspazio”.
Cap 7: Spazi mnemonici: la gestione spaziale dei dati.
Cap 8: Considerazioni sui primi giochi di ruolo multiutente.
Cap 9: Il postmoderno, definizione.
Cap 10: Iperrealtà: la rappresentazione del mondo da parte dei media.
Cap 11: Realtà: una possibile definizione.
Cap 12: Prospettive future e conclusioni.